08.27.2018

DALLA CITTA’ SPETTACOLO AD UNO SPETTACOLO DI CITTA’.

La trentanovesima edizione di Benevento Città Spettacolo, dall’ambizioso titolo “L’orgoglio d’essere”, per una settimana accantonerà gli endemici ed irrisolti problemi che attanagliano la città, oramai sotto gli occhi anche dei suoi più distratti abitanti.

Si spera in un movimento turistico non solo locale, in una effervescenza di pubblico, più scontata per le esibizioni canore, specie per quelle di Mannoia e di Avitabile, meno per il cartellone teatrale (che un tempo era il vero cuore della rassegna).

L’augurio è che la kermesse, al di là del suo contenuto (che piaccia o no), vada bene e che possa riportare Benevento all’attenzione anche dei media nazionali.

E’ ora che noi sanniti, liberandoci dal muro del pregiudizio, impariamo a fare sistema ed a vedere, qualche volta, il bicchiere mezzo pieno. Quando si è in ballo, si balla.

Poi calerà il sipario e, come è giusto che sia, si tirerà il bilancio. Ci si confronterà su quello che è andato e su quello che è mancato, su ciò che si deve migliorare e su quello da non ripetere. Sulla natura (teatrale o canora) di Benevento Città Spettacolo (anche se nel sito web è testualmente denominata Città Spettacolo “Teatro”).

E dopo? Riaffioreranno sulla pelle i problemi mai sopìti (viabilità, verde pubblico, sporcizia, degrado sociale, assenza di controllo, etc.), ma per poco dimenticati, come parenti stretti non graditi. Ricomincerà il gioco politico dello scarica barile, la gestione dello straordinario in modo ordinario, senza alcuna prospettiva, senza energia e coraggio. Riprenderanno le polemiche e lo scoramento di una bella città agonizzante.

Credo che Benevento, nonostante i suoi abitanti, abbia le carte in regola per passare dalla Città Spettacolo ad uno spettacolo di città. In quello che sembra un semplice gioco di parole sono racchiuse l’essenza del tema ed una sfida affascinante.

Occorrerebbe solo che ogni beneventano le sapesse raccogliere, traendo auspicio dal titolo della rassegna e riscoprendo “L’orgoglio d’essere” non solo allo stadio in curva sud, ma nei piccoli concreti gesti quotidiani.

Occorrerebbe che chi ha l’onore, e l’onere, di amministrare questa città riprendesse le fila della sua identità, esaltandone la vocazione storico-culturale e l’attrazione turistica, invece di incentivarne l’uso improprio ed incontrollato di intere zone, lasciate a se stesse come terra di nessuno.

Occorrerebbe che si avvertisse la presenza fisica di un controllo sul territorio da parte delle forze dell’ordine e che si sanzionassero i gesti di quotidiana inciviltà.

Occorrerebbe che si pubblicizzasse nelle scuole (a cominciare da quelle dell’infanzia, sotto la forma del racconto illustrato più congeniale ai piccoli) la storia della città e del territorio, in modo che ogni cittadino conoscendola ne rispetti i simboli ed i monumenti.

Per farla breve: si deve ricreare quell’idem sentire che porti i cittadini a vivere consapevolmente la città e le sue inesplorate possibilità occupazionali, senza utilizzare la comoda (?) via di fuga dell’emigrazione al nord o all’estero (che, molte volte, non risolve il problema, ma ne sposta solo l’ubicazione).

Il guerriero sannita non è scappato davanti ai romani, molto più forti ed organizzati, ma ha deciso di difendere la sua terra, piantando bene i piedi e credendo in se stesso, in una impresa che appariva disperata e che invece si è rivelata un incubo per gli invasori (tanto è vero che forche caudine è divenuto un modo usuale di dire nella lingua italiana).

Occorre lanciare un segnale chiaro per invertire la rotta.

La storia è una importante chiave di lettura e ci insegna (anzi, dovrebbe insegnarci, visto che continuiamo ad ignorarla) che i grandi cambiamenti avvengono dalle piccole cose, che generano fiducia e sinergia.

Cerchiamo di farne tesoro.

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