08.29.2019

DALL’AVVOCATO DEGLI ITALIANI AGLI ITALIANI SENZA AVVOCATO.

E’ una sceneggiatura da classica commedia dell’arte.

Un anno e mezzo fa è salito sul palcoscenico della vita politica uno sconosciuto professore di diritto privato dell’Università di Firenze, tal Giuseppe Conte, avvocato, spinto fortemente dai cinque stelle per assumere la carica di Presidente del Consiglio dei Ministri della Repubblica Italiana come cuscinetto fra i veri protagonisti del contratto di governo e del governo, cioè Di Maio e Salvini.

Ha esordito affermando che sarebbe stato “l’avvocato degli italiani”, ponendo come stella polare della sua azione il benessere del popolo ed il suo habitus forense.

Dopo poco più di un anno e mezzo, nel mezzo di una prevedibile crisi, figlia della distonica azione di governo (tav, flat tax, apertura dei cantieri, riforma della giustizia, riforma fiscale: sì, no, forse, vedremo), innanzi al Senato nel rassegnare le dimissioni ha incentrato il discorso su due direttrici: la parte destruens, per attaccare violentemente il vicepremier Salvini, reo (secondo lui) di avere rotto il giocattolo per puro calcolo personale; la parte costruens, per elencare le innumerevoli cose da fare (non quelle fatte) nell’interesse del paese e per proporsi, come novello Caronte, per traghettare la nascita di un nuovo governo.

Non c’è che dire. E’ la plastica rappresentazione della maschera di Arlecchino, servo di due padroni. Furbizia al potere, discontinuità nella continuità. Il genio italiano, capace di fare, disfare e brigare per restare sulla scena.

Pertanto si appresta ad accettare l’incarico di formare un governo fra i cinque stelle ed il partito democratico per operare politiche in contrasto con quelle del precedente governo … da lui presieduto.

Un capolavoro.

Pur nell’assenza dei contenuti che dovranno ispirare l’azione del nuovo esecutivo (al di là delle vuote formule di stile: disinnescare l’aumento dell’iva, salvare i conti pubblici, attuare eque politiche sociali, del lavoro, industriali, etc.), – insomma riempire il vuoto contenitore (prima i nomi, poi il programma), – quale avvocato di provincia mi permetto di dare un suggerimento al collega professore Giuseppe Conte: quello di definirsi semplicemente Premier, non “l’avvocato degli italiani” per scongiurare il pericolo di incorrere in sanzioni disciplinari.

Infatti, l’articolo 68 del Codice Deontologico Forense (pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, Serie Generale, numero 241 del 16 ottobre 2014) sancisce: “L’avvocato può assumere un incarico professionale contro una parte già assistita solo quando sia trascorso almeno un biennio dalla cessazione del rapporto professionale” (primo comma), specificando: “L’avvocato non deve assumere un incarico professionale contro una parte già assistita quando l’oggetto del nuovo incarico non sia estraneo a quello espletato in precedenza” (secondo comma).

Ergo: l’avvocato degli italiani non avrebbe potuto accettare senza soluzione di continuità l’incarico di formare il governo contro una forza che aveva fatto parte del precedente governo da lui presieduto, salvo violare una precisa norma deontologica,. Tanto più “quando l’oggetto del nuovo incarico non sia estraneo a quello espletato in precedenza”.

Insomma, ai fortunati Italiani non resta che affidarsi all’avvocato d’ufficio.

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