10.25.2018

I COLORI DELLA MENTE.

Paradigma del periodo buio che stiamo vivendo è lo scatto fotografico col telefonino. Tutto si banalizza, si consuma, si brucia in un selfie. Persone, luoghi, incontri, cose.

L’attimo fuggente deve essere immortalato e postato nell’oceano della rete, a disposizione degli argonauti di internet, nella speranza di pescare molti … like.

Frammenti di esistenza ridotti a banale rappresentazione dell’effimero, per far vedere agli “altri” – anche a quelli a cui “nun ne po’ fregà de meno” – che si è tra risi e sorrisi, attivi ed in movimento, ubiqui in ogni tempo; per dimostrare cosa si fa, dove, quando, con chi (alla faccia della privacy avrebbe detto Totò).

Una pessima edizione del “The Truman Show”, il profetico film del 1988 di Peter Weir, interpretato magistralmente da Jim Carrey (finalmente sdoganato dal cliché di attore comico-demenziale).

Non si ricordano più i bei momenti dell’esistenza, si preferisce archiviarli in file. Eppure le immagini della memoria hanno, come il bouquet del buon vino, colori, sapori, odori che maturano con l’età e che nessun selfie potrà mai restituire.

Pezzi di vita. Sempre uguali, sempre diversi.

Il cielo: blu di prussia, azzurro, acqua, avio, ceruleo. Il fuoco: rosso intenso, corallo, rubino, granata, porpora. Gli alberi: verde felce, oliva, smeraldo, chiaro, scuro. Il sole: giallo limone, oro, paglierino, pesca.

Colori che, secondo gli stati d’animo, si materializzano, si fondono e si confondono nella tavolozza del ricordo.

Colori accesi della felicità, colori pastello della nostalgia, colori scuri della tristezza.

E’ il continuo ritrovarsi e ritrovare i luoghi, le persone e le cose del cuore scorrendo l’album della fantasia. E’ la magia simpatica della mente: fotogrammi in movimento, il mondo che continua a vivere, che si colora seguendo le stagioni dell’anima, che emana gli odori del bel tempo andato, i buoni sapori dell’immaginazione.

Ogni estate ripeto il rito. Prima di ripartire dalla località dell’Alto Adige dove villeggio da anni, mi siedo e gusto in religioso silenzio la bellezza impenetrabile della montagna. Metto nel granaio i colori, gli odori ed i sapori da portare a casa. Stampo la sua immagine maestosa ma rassicurante, per rielaborarla nelle diverse declinazioni dell’anima quando sentirò il bisogno di disintossicarmi dalla banalità della routine quotidiana.

Ogni estate evito di scattare l’ultima fotografia ed imprimo quella che la mente mette a fuoco, che non può essere postata in rete ma condivisa, come ricordo, soltanto con le persone più care.

E’ il selfie della vita.

Provate anche voi.

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